Paul Valet

CHIODI DI SABOTAGGIO


72 pp • € 4




Dopo essere stato un bambino-pianista prodigio, dopo essere diventato un medico dei poveri e degli emarginati, dopo aver combattuto come partigiano nella Resistenza ed aver perso la famiglia nei campi di concentramento nazisti, Georges Schwartz (1905-1987) decise di mettersi «al servizio esclusivo della poesia» per guarire dalle ferite causate dalla guerra e da una sopravvivenza ricca solo di miseria, tristezza e solitudine. Considerandosi un umile servitore della parola, scelse lo pseudonimo di Paul Valet. Ma la sua poesia non ha nulla di servile. Coniuga discrezione e rivolta. Sembra scritta col coltello. I suoi versi sono fendenti secchi, privi di inutili orpelli. Vanno dritti al bersaglio. Ruggiscono il rifiuto globale del mondo avvilito e nauseante che ci circonda, con le sue menzogne e le sue infamie.

Pessimista, tragico ed ironico, Valet ambiva ad una libertà integrale, irreconciliabile con ogni forma di potere e di pubblico riconoscimento. Sordo agli inviti di chi lo voleva arruolare nella propaganda di partito o integrare nella mondanità letteraria, rimase con ostinazione «l’eremita di Vitry»: individuo fuori dal mondo, che non chiede nulla al mondo e non scambia nulla con il mondo.

Un’antologia di poesie di un uomo-contro, autentico asceta della negazione, la cui ambizione era di diventare un «chiodo di sabotaggio» nella camera d’aria dell’esistente.

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